Chi è il telaio storto.

Chi è il telaio storto.

A te che leggi 

A te che vuoi sapere un po' di più

Ecco. Mi presento.

Volevano chiamarmi Martino, ma nacqui Martina e da allora ho l'impressione di esser venuta al mondo per contraddire le aspettative mie e degli altri.

É una cosa buona.

L'amore per le piccole e grandi cose della vita mi spinge oltre il recinto del "previsto", ma non fraintendermi, non sono un "Bastian al contrario" per presa di posizione, tant'è che ho provato tante volte a seguire alcune vie già tracciate, ma senza successo.

Per spiegarti cosa intendo è però necessaria una premessa:

Tutto è iniziato durante un braccio di ferro con mio figlio, arrabbiatissimo con me perché voleva un chupa chupa alla coca cola, ma erano finiti. Si è innescata un'accorata denuncia bambinesca:

"Mamma io sono infelice, perché tu vuoi che sia felice con un chupa chupa alla fragola, ma io lo voglio alla coca cola."
Gli ho risposto:
"Allora puoi essere infelice con un chupa chupa alla fragola?"
"Oppure mamma , posso prenderne uno al limone e far finta che sia quello alla Coca-Cola"
Abbiamo raggiunto un'accordo.

Mio figlio, come credo ogni suo coetaneo, ha un cuore che arde per tutto, vive una profonda ingiustizia quando questo fuoco del cuore non viene ascoltato o peggio sminuito. Il torto  non era il "gusto fragola" ma che io, sua mamma, pretendessi da lui una felicità per qualcosa che non rispondeva al suo desiderio. La mia aspettativa su di lui era sbagliata e quanto mi assomiglia l'ho capito con uno stupido dolcetto, infatti...

Rosa fragola era il mio grembiulino alla sua età.

Rosa fragola erano anche i giochi da bambina.

Rosa fragola erano le aspettative sulle mie idee.

"Che vuoi fare da grande?"

" L'artista "

Fare l'artista non è una risposta rosa, lo era invece fare la ballerina, la principessa, la mamma, la parrucchiera .

Fare l'artista era un'ambizione piena di sfumature poco inquadrabili, anzi, a vedere la faccia della maestra alla mia risposta, parve proprio che questa fosse una risposta "nera".

Nera come i miei riccioli e improbabile come i miei primi capelli bianchi, gentile e rara concessione della genetica materna, entrambe fuori luogo per una bambina di 4 anni.

Quello che la maestra non sapeva era che volevo  disegnare perché mio babbo era il miglior artista che io conoscessi. il primo pilastro o meglio la prima asse del mio immaturo telaio.

Primo asse

Babbo aveva due lavori, uno era quello che portava il pane in tavola, l'altro era quello che gli piaceva.

Qualche volta, al ritorno a casa dall'ufficio, preparava me e mia sorella e ci portava con lui alla "Bottega dell'orefice" Un gruppo grafico anni ottanta messo su da suoi amici e che prendeva il nome da un libro di Karol Wojtyla, artista e santo a me molto caro.

Non mi soffermerò troppo su questo luogo per me magico che meriterebbe un racconto a parte, dirò soltanto che lì imparai l'odore della plastica adesiva, il rumore del plotter che tagliava i caratteri, le chiacchiere mentre si spellicolava le lettere adesive, il vibrare sommesso delle tavole di plexiglass che servivano per esporre immagini e parole.

C'era della bellezza in quell'associazione di concetti, immagini e lavoro manuale tra cui sarebbero passati gli spettatori della mostra. Quella bellezza la si portava a casa a braccetto con la stanchezza e la soddisfazione, anche quando, prevedendo di fare troppo tardi, babbo ci lasciava a casa per poi rientrare con i pezzi adesivi che il plotter aveva sbagliato. Gli armadi della nostra camera da bambine, originariamente bianchi, erano decorati da quegli errori di stampa.

Mi rimase attaccata alle costole, a custodire il cuore, la sensazione che la creatività potesse avere davvero le chiavi del mondo, un linguaggio fatto anche di errori , collaborazione e stupore, che aveva tanto da dire. Parlava del mondo e del suo irresistibile fascino.

Babbo faceva modellini da quando aveva 13 anni

Babbo disegnava dentro le copertine dei libri.

Babbo prendeva appunti disegnando.

Babbo scrisse "ti amo" in giapponese sulla prima pagina del dizionario d'italiano che noi figli abbiamo usato sino alle superiori. 

Babbo e mamma hanno il loro modo di dirsi che si amano ed è stato sotto i nostri occhi mentre cercavamo di districarci tra i vocaboli. Nel quotidiano.
Quale modo migliore se non scriverlo in un libro? Perché se babbo viveva la bellezza della creatività nelle piccole cose che portava a casa, dall'altra parte c'era la passione di mia mamma per i libri.

Seconda asse

Lei è più pratica. Non sa disegnare, ma sa studiare, perché le piace sapere e capire. Quando ero bambina lavorava nella biblioteca regionale e negli anni 80 si usava ancora portare i figli in ufficio all'occorrenza. Così mi capitò spesso di entrare in quello che a me poteva apparire solo come il cervello di un gigante. Era il tempo delle ricerche fatte sulle enciclopedie e lì c'era tanto da leggere.

Io e mamma non ci capivamo molto, così quando lei notava il mio interesse per qualcosa ,mi portava pile di libri in cui dovevo trovare quello che avrebbe voluto insegnarmi. Prendeva letteralmente in prestito nuove parole che io ero disposta ad ascoltare. Lessi avidamente le leggende sarde, romanzi sulla nostra terra, libri di oreficeria e arte.

Sul comodino di camera, nelle borse per le vacanze, negli zaini, avevamo sempre tutti qualcosa da leggere. Lei ne aveva sempre qualcuno in più. Da lei abbiamo imparato a scrivere le dediche nei libri, come il "ti amo" sul dizionario d'italiano.

Tutto questo è talmente radicato nella mia storia che, quando conobbi mio marito, la prima cosa che abbiamo fatto fu quella unire tutti i nostri libri. il primo mattone della nostra travagliata casa.

Sebbene mi sia sempre venuto più semplice disegnare e comunicare con mio padre, riconosco da adulta, che leggere, studiare, scrivere e dedicare, appartiene al mio sguardo d'artista quanto il saper tenere una matita in mano.
Non solo. Tutto questo veniva portato nella quotidianità come un'adesivo stampato male o un simbolo all'inizio del dizionario, ed è forse questo il motivo per cui il cuore del mio lavoro è legato a cose comuni. Potrei dire che sono un'artista domestica, perché parlo di quello che incontro nella mia vita, piccolo o grande che sia.


Terzo asse                                        

Le prime due assi ereditate da Babbo e Mamma erano solo l'inizio, forte come il cuore che arde di un bimbo, immaturo come un seme che non si può ancora chiamare albero.
Tutto questo è stato temperato nel tempo dalla mia storia, come una matita che dev'essere affilata per poter disegnare:

Volevo fare l'accademia e girare il mondo senza legami.
Ho fatto l'accademia e mi sono sposata.

Il temperalapis ha girato.

Volevo disegnare in uno studio tutto mio tra vernici, inchiostri e attrezzi senza limiti di tempo.
Sono diventata mamma e ho imparato a usare il digitale per disegnare a orari improbabili e senza limiti di materiali.

Il temperalapis ha girato.

Volevo fare la mamma lavoratrice organizzandomi alla grande tra arte e famiglia.
é arrivata la diagnosi su mio figlio e i problemi fisici miei. il tempo e l'organizzazione non sono dalla mia parte.

il temperalapis ha girato.

Quarto asse

Nell'impressione che tutto andasse sempre al contrario di come lo avevo aspettato, mi venne in aiuto una bellissima lettera, quella di Papa Giovanni Paolo II agli artisti che inizia così:

"  ...Una vibrazione di quel sentimento si è infinite volte riflessa negli sguardi con cui voi, come gli artisti di ogni tempo, avvinti dallo stupore per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme, avete ammirato l'opera del vostro estro, avvertendovi quasi l'eco di quel mistero della creazione a cui Dio, solo creatore di tutte le cose, ha voluto in qualche modo associarvi."

Ho incontrato spesso quest'uomo nei sui scritti e nella sua storia e spero di farlo ancora, ma questa è un'altra storia. La sua lettera è diventato il quarto asse del mio telaio personale. L'unica visione realmente corrispondente a quello che è il mio desiderio di essere artista, decisamente più affascinante, inebriante, corrispondente e forte della faccia della mia maestra.

Solo così posso accettare e accogliere il fatto che il temperalapis continua a girare in una realtà catartica e non sempre "rosa".

Queste sono le quattro assi che fanno di me un telaio storto ma fertile al cui interno si creano le illustrazioni.

Se guardandole troverai un pò di pace, una carezza, una buona domanda o un caro ricordo, allora il mio lavoro è un regalo per te, com'è per te ogni giro di temperalapis.

Non sono diventata la grande artista in giro per il mondo, ma mai come ora ho disegnato in modo così sincero.

A presto.

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12 commenti

Dio scrive bene anche sulle righe storte. Le tue. Le nostre.

Franco

Tutti molto belli, penso che piano piano me li comprerò tutti, comlpimenti oltre alla dote hai fatto un’ottima scuola.

anna paola

Mi commuove il tuo inpegno, sono contento che finalmente sia venuta fuori la punta a quella matita, ora sono certo che sarà la tua bacchetta magica che ti consentirà di realizzare i tuoi sogni

accpierpa

Cara Martina, non ti smentisci mai, anzi confermi sempre di più le tue doti che si intravedevano da bambina e che ora da giovane adulta cercano parole nuove e vere per esprimere quanto tu ami la vita e l’ arte.

Sanna Donatella

Non solo artista nel disegno ma anche nelle parole che toccano il cuore… veramente brava❤️

ANDREINA Vitellino

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