A 40 anni mi sento come una bambola di pezza tenuta insieme da cerotti fatiscenti e putridi. La bambina che vedo riflessa in me ha uno sguardo di sfida; la sua fragilità è palpabile, ma anche la sua forza. Ho paura di toccarla, di peggiorare le sue piaghe, ma quando guardo oltre vedo i disegni, segni di una vita che non si arrende, un eco del mio passato e del mio presente. Sta creando, sta comunicando, sta esprimendo tutto ciò che sente. Il mio viaggio inizia qui, come prima paziente di me stessa, con l'obiettivo di esplorare una verità profonda: la capacità umana di guarire attraverso i doni e traumi ricevuti. Quindici anni fa ho compreso che corpo e anima sono intrecciati in un meraviglioso equilibrio che ho tradito, anzi non sono separati altrimenti sarei morta. Io e la bambina abbiamo ancora gli stessi traumi e gli stessi doni da cui comincerò di nuovo. Disegneremo tra le macerie per conoscerci fino a quando potrò prenderla in braccio, cullarla e dirle “puoi essere felice” e lei mi crederà.
Basta cambiare cerotti…facciamo respirare queste ferite, facciamole spurgare e diventeranno delle bellissime cicatrici.