Tra le mani tengo l'ultimo pezzo della mia matrioska.È una piccola bambina di legno, alta pochi centimetri, che dopo 35 anni continua a emanare il suo profumo di vernice fresca e legno, esattamente come quel giorno d'estate del '89 in cui mia madre la comprò in una bancarella. Oggetti come questo ispirano nel tempo molte credenze: alcune parlano dello spirito dei bambini intrappolato nei loro giocattoli, altre, più dolci e poetiche, si riflettono nella tradizione giapponese dei kami, secondo la quale ogni oggetto possiede un’anima. Per me, questa matrioska è come una piccola lapide vestita di rosso, un simbolo di una fanciullezza che si intreccia con una dolce malinconia. Amo profondamente quella bambina che si divertiva a svitare e rimontare corpi che, per un caso del destino, somigliano ai canopi egizi.
Ho sempre sentito dire che per essere felici e creativi occorra mantenere vivo il proprio bambino interiore. A 40 anni, però, non sono sicura che questa affermazione sia vera, almeno per me. Non tutti i bambini che siamo stati erano creature spensierate; anzi, dubito che il tentativo di preservare la nostra parte infantile possa salvarci dalla complicata perdita dell’innocenza. Liberare quella bambina dalla responsabilità di un’esistenza che non le appartiene è fondamentale. Lascereste mai una nave nelle mani di una bambina solo per convincervi di volerle bene? Non è così che si onora il passato. È essenziale interrogarsi sul perché disprezziamo la nostra forma adulta, come se fossimo destinati a non essere felici. Siamo forse adulti così terribili?
In questo contesto, la morte assume un significato indispensabile. Non l'ho compresa da sola, né in modo affrettato; ho dovuto affrontare la mietitrice innumerevoli volte, osservando con dolore la perdita di coloro che amavo, per riuscire a esplorare quella voragine in cui la mia bambina era stata ingiustamente imprigionata diventando il mio personale inferno. Dai miei figli ho appreso ad amare anche lei; sono stati proprio quei piccoli lembi di infinito, che hanno trascorso in questo mondo solo un breve istante nel mio grembo, a crescermi. Li chiamano “bambini arcobaleno”, io li chiamo per nome.
Come è possibile che una morte ispiri tanto amore? Un giorno, il mio bambino mi disse (guardando un carro funebre): “Mamma, il corpo non si muove più, ma l'anima sì; lei vola via, e questo significa che è ancora viva. Quindi noi non moriremo mai”. Sorpresa, pensando di poter offrire solo il mio dolore riguardo a quel tema, gli risposi: “Sì, è proprio così”.
Ho imparato a lasciare andare il mio amore, ovunque esso sia diretto, nella forma in cui si presenta. Che sia un amore invisibile, come quello per chi muore, custodisco nella mente e nel cuore ciò che non posso toccare o cambiare, abbracciando al contempo ciò che posso vivere ogni giorno.
Mi sono avventurata nell'amore per la mia bambina interiore, tremando come se stessi violando il sacro riposo di un'antica tomba, rompendo sigilli che avrebbero potuto scatenare una maledizione su di me. Ho scoperto di saper amare in un tempo e in uno spazio che non mi appartengono, ma che benedicono il mio presente. Un amore che metto in pratica senza capire del tutto come, perché non è mio; è simile a un utero che cresce e dà vita senza la tua presunta abilità, un evoluzione a cui assisti con desiderio e meraviglia. Un amore che profuma di eternità.
Ho onorato le mie parti morte, ringraziandole e recandomi a trovarle di tanto in tanto, ricordando a me stessa che, se avessi potuto scegliere di affrontare quel dolore, probabilmente sarei fuggita, lasciando che la paura trionfasse e perdendo così un passo verso la pienezza della vita. Che sollievo non avere il controllo su tutto, ma il controllo non nasce dal desiderio, ma dall’esigenza di protezione.
E tu? Quante vecchie versioni di te hai salutato? E che profumo ha il balsamo con cui hai seppellito le loro salme?
Noi Non moriremo mai.
Buona rinascita, ovunque tu sia, chiunque tu sia.