Non esiste rabbia più intensa di quella che nasce dall’ingiustizia. Non c’è dolore più acuto dell’immobilità che provoca, quando i muscoli implorano di scattare, di agire, di scegliere. Non c’è sofferenza più profonda di un cuore costretto a battere, ma rinchiuso in una prigione di ferite; tagli inflitti con precisione, tanto da far gridare la carne ad ogni espansione, minacciata dal dolore e dalla morte, mentre aspira a una grandezza inarrivabile.Come posso attraversare questa rabbia senza esserne distrutta? Come posso confrontarmi con la mia ferita, che dovrebbe somigliare a una v()a da cui può nascere una nuova creatura, ma che percepisco come violata, privata di consenso? La violenza genera ingiustizia, e la rabbia urla per richiamare la dama con la bilancia. A chi è rivolta questa colonna infuocata dell’anima? A quelle persone imperfette che avrebbero dovuto amarmi, ma che lo hanno fatto nel modo sbagliato? Tra queste ci sono anche io. E la rabbia cresce, perché incolpare gli altri non porta a nulla; non cerco vendetta, né riconoscimento, desidero solo poter guarire, perché quel cuore è stato massacrato ed era nato Santo. Porta ancora con sé un senso di grandezza e un desiderio straziante. Sarebbe meglio non sapere amare piuttosto che non poterlo fare. Così mi ritrovo invecchiata di mille anni, aspettando un infarto come un angelo liberatore, camminando a braccetto con la morte e con l’ira di un cuore atrofizzato che chiede solo sangue per ricominciare a battere. Ma il sangue di Chi?
Ascolterò queste urla, ma non voglio più che siano il mio motore. Voglio vivere di Altro. Nutrirmi di cose buone…la Rabbia è fame travestita.